La città secondo Hulot. L’immaginario urbano nel cinema di Jacques Tati
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Dopo la campagna di Jour de fête (1949; Giorno di festa) e il mare di Les Vacances de Monsieur Hulot (1953; Le vacanze di Monsieur Hulot), nel cinema di Tati fa la sua comparsa il mondo urbano: dapprima in Mon oncle (1958; Mio zio), quindi in Playtime (1967; Playtime - Tempo di divertimento). Questi ultimi due film condividono un’analoga riflessione sulle trasformazioni socio-urbane figlie del boom economico che interessa, nel secondo dopoguerra, i paesi industrializzati – e particolarmente la Francia. Mon oncle mette in scena un paesaggio urbano diviso tra un passato ancora vivo e una modernità che avanza, simboleggiata dalla villa in cui la sorella del protagonista, Monsieur Hulot, vive con la sua famiglia. Con Playtime Tati conferma il suo gusto per il design urbano. Il regista ne inizia la “costruzione” sin dalla fine degli anni Cinquanta, dando avvio alla realizzazione di quella che viene subito battezzata Tativille: un’intera città ultramoderna costruita ex novo in una zona periferica di Parigi, facendo tesoro delle osservazioni che Tati annota mentre è in viaggio per il mondo durante la promozione internazionale di Mon oncle. Playtime diventa così, nel corso di un decennio, una sorta di kolossal in cui al posto della diva (o del divo) c’è una scenografia costosissima, fatta di strade asfaltate con tanto di semafori e insegne al neon, edifici abitabili e riscaldati (alcuni dei quali realizzati su piattaforme mobili per consentire di modificare parzialmente la topografia della città), scale mobili che attraversano l’interno di un aeroporto simile a quello di Orly, … In questa città invisibile Monsieur Hulot, nuovamente protagonista, vaga come un corpo estraneo, impermeabile ai cambiamenti di una modernità che ha ormai preso il sopravvento. L’analisi dei due film fa emergere l’estetica (l’idea di cinema) e la poetica (l’idea di mondo) di un regista capace di posare uno sguardo nuovo sulla città: uno sguardo che dà vita a una forma non tanto di cinema comico, quanto di “cinema della realtà”, i cui luoghi diventano spazi comici. Tati rappresenta situazioni perlopiù quotidiane, mettendo in scena le conseguenze che la modernità produce sui comportamenti sociali. La comicità è solo negli occhi di chi guarda (e nelle orecchie di chi ascolta). Mon oncle (Jacques Tati, 1958) [© Les Films de Mon Oncle / www.tativille.com]
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